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The Bloody Beetroots si è raccontato a Giuseppe Videtti de La Repubblica in un’intervista che potete leggere in versione integrale su Repubblica.it.

Sir Bob Cornelius Rifo si è virtualmente “tolto la maschera”, delineando il suo progetto artistico e la sua scelta di partecipare al Festival di Sanremo come special guest di Raphael Gualazzi. “Tutto è nato da un incontro che ho avuto tempo fa con Caterina Caselli, solo per il piacere di parlare di musica”, ha spiegato. “Dopo sei mesi mi ha chiamato e mi ha proposto Sanremo. Ho riflettuto, perché no? In fondo non ho mai fatto niente di rivoluzionario e radicale nel mio paese”.

Nel settembre scorso il poliedrico musicista, producer e performer ha pubblicato il suo nuovo album Hide, che include il brano Out of Sight, nato dalla collaborazione con Sir Paul McCartney ed il bassista dei Killing Joke Martin “Youth” Glover. A proposito dell’ex-Beatle, Sir Bob ha detto: “Paul conosce il mio mondo, è ancora un artista curioso, ha voglia di sperimentare e l’elettronica non lo spaventa”. La ricerca sonora ed il confronto con ambiti musicali sempre diversi sono i cardini anche del lavoro di The Bloody Beetroots: “Invento per me definizioni sempre diverse”, spiega. “In questo periodo sono un ossimoro; cerco di mettere in contraddizione i diversi artisti che convivono in me, per riuscire a trovarmi con musicisti di estrazione diversa, come Paul McCartney o Tommy Lee”.

Dopo aver conquistato la ribalta internazionale, ora l’artista originario di Bassano del Grappa si pone come obiettivo quello di intercettare le platee del suo paese: “Voglio dialogare anche col pubblico italiano, la cosa che più mi è mancata in questi anni. Abbiamo una tradizione musicale gloriosa e trascurata, piccole realtà locali soffocate. (…) Ormai da quasi mezzo secolo non abbiamo musicalmente un’interfaccia internazionale, dovremmo cominciare a dialogare in modo diverso con l’esterno, il paese ne ha bisogno più che mai. Io faccio la mia piccola rivoluzione, ma ognuno dovrebbe impegnarsi nel suo specifico”.