Dalla più interessante tra le giovani band britanniche, i PEACE, arriva il nuovo singolo Gen Strange, da oggi nelle playlist delle nostre radio. “Gen Strange” è tratto dall’album Happy People, uscito il 24 febbraio 2015 su etichetta Columbia Records.
Nel 2013 il quartetto originario delle Midlands ha fatto breccia nel cuore del pubblico con quella gioiosa fuga dalla realtà che era In Love, l’album di debutto. Il disco cercava di catturare l’energia live e l’aura di spontaneità che hanno fatto dei Peace una delle live band più richieste nel Regno Unito. Una band che è stata in grado di conquistare la copertina di ogni rivista musicale di tendenza, di registrare due sold out allo Shepherd’s Bush Empire e di piazzare in Top 20 l’album di esordio. La poetica squisitamente indie, il brio giovanile e la capacità di scrivere ritornelli di ampio respiro hanno permesso ai Peace di guadagnarsi una fan base di fedelissimi, che li seguivano per tutto il Regno Unito, si tatuavano il loro logo in varie parti del corpo o se lo disegnavano in testa rasandosi i capelli.
Stava accadendo qualcosa di grosso. Jonny Greenwood dei Radiohead ha ceduto un suo paio di pantaloni militari in cambio di un loro demo, mentre Usher ha sgomitato tra la folla per assistere a una loro esibizione al SXSW. La musica a tratti richiama il baggy rock degli anni ‘90 (il Guardian ha definito la band come “l’incontro tra il baggy e i My Bloody Valentine”), ma i Peace hanno qualcosa di più. Qualcosa di contagioso e assolutamente irresistibile, che forse è dovuto semplicemente alla loro innocenza. È altrettanto probabile, tuttavia, che si tratti dell’appeal del cantante Harry Koisser, che secondo alcuni sarebbe il frontman più affascinante tra quelli delle nuove band in circolazione; candido e romantico, ha un senso dello stile à la Nicky Wire e la spavalderia rock’n’roll di Mick Jagger. I concerti dei Peace sono nati da una serata tech house al Rainbow di Birmingham, dove i quattro suonavano incessantemente mese dopo mese, infilando qualche cover di musica house e contando sempre più fan. Se sono riusciti a imporsi è stato grazie a passione, intensità e anche un pizzico di irriverenza: in poco tempo sono passati dai concerti malpagati a notte fonda nelle Midlands a un contratto con una major e al successo internazionale.
Un anno e mezzo dopo, i Peace passano dai brani per locali indie a qualcosa di molto più grande. Il loro ambizioso secondo album, “Happy People”, ha il potenziale necessario per raggiungere milioni di persone: “Probabilmente abbiamo una soglia di attenzione bassa, per questo vogliamo sempre fare qualcosa di nuovo ed entusiasmante”, spiega Harry Koisser. “Non è che ci annoiamo veramente, ma vogliamo provare a fare qualcosa di diverso”.
Deficit di attenzione o inesauribile fame di musica? Comunque stiano le cose, “Happy People” è pervaso da uno splendido spirito di avventura, un gusto per l’esplorazione in parte riconducibile ai nuovi orizzonti che si sono aperti per Harry Koisser, il fratello Samuel(basso), Douglas Castle (chitarra) e Dominic Boyce (batteria). Provenienti da diverse città delle Midlands, i quattro giovani hanno formato la band a Birmingham nel 2010. Dopo aver firmato il contratto con Columbia Records, si sono ben presto ritrovati a girare il mondo e visitare luoghi in cui non erano mai stati prima e dei quali non avevano mai sentito parlare. “Happy People” è quindi stato scritto on the road e in stanze d’albergo, influenzato dalle varie esperienze vissute durante il viaggio: i cambiamenti di scenario, il costante movimento, l’alternarsi dei sapori, il flusso e riflusso delle emozioni. Un disco che è il riflesso perfetto della loro nuova vita itinerante.
Che i Peace amino il ritmo e le melodie pop è cosa nota, e questo è ancora più evidente nel brano che apre l’album, O Bold, in cui audacia e nostalgia vanno a braccetto con archi sfavillanti e un ritornello-tormentone che potrebbe benissimo riecheggiare tra i campi a un festival. Analogamente, la contagiosa melodia della title track è il sound solido di una band che vuole lasciare il segno: vorticosi riff di chitarra si uniscono a ritornelli esplosivi con un impeto travolgente. Koisser affronta il tema dell’immagine, dell’ansia e dell’odio verso se stessi in Perfect Skin, che mette in luce una certa fragilità e vulnerabilità interiore e che forse proprio per questo risulterà particolarmente gradita al pubblico di giovani per i quali Harry canta ogni sera.
Trainato da un basso potente, Lost On Me, singolo pubblicato la scorsa estate, mostra un altro lato della band, quello più coinvolgente: ai festival di Reading e Leeds del 2014 il pubblico rispondeva in coro al ritornello.
Non mancano i momenti più tranquilli, come ad esempio Someday, toccante brano sulla fine di una relazione che attinge all’esperienza personale di Koisser, e Under The Moon, minimale canzone d’amore incentrata sul tema della solitudine.
L’album è stato prodotto principalmente da Jim Abbiss (Arctic Monkeys, Kasabian, Bombay Bicycle Club), che aveva già curato la produzione di “In Love”; a detta di Koisser, è “uno degli unici produttori che conosco a lavorare come si faceva una volta. Deve passare tutto per la console: usa il computer solo come registratore. Era importante fare qualcosa di autentico, e credo che si percepisca. O quantomeno io lo sento nella musica”. Giocherellando con l’attrezzatura di registrazione, la band ha cercato di ottenere un sound grezzo ma bello, lo-fi e ruvido, ma in un certo senso luminoso. Duncan Mills ha prodotto Someday, I’m A Girl e Perfect Skin; Mills si era già occupato della produzione di Drain, inclusa nell’edizione deluxe del primo album dei Peace, e annovera collaborazioni con Beyond The Wizards Sleeve, Malcolm McLaren e Crocodiles.
Pur affermando che l’ambiguità dei suoi testi gli è sempre piaciuta, Koisser ora ha un approccio più mirato alle parole che lo vede accostare vaghezza e precisione. “Mi piace usare ritornelli semplici, magari di un solo verso ripetuto quattro volte”, commenta, “ma anche strofe a tratti complesse”.
La forza di questi brani sta nella loro effervescenza: nonostante l’abilità tecnica, la sperimentazione in studio e la ricerca musicale, risultano irresistibilmente spontanei. Brani freschi e pieni di gioia, con ritornelli da cantare in massa a squarciagola: questo è il sound di una band che ha il fuoco dentro.
I Peace sono:
Harrison Koisser, voce/chitarra/tastiere – 23 anni
Doug Castle, chitarra – 23 anni
Dom Boyce, batteria/voce – 24 anni
Sam Koisser, basso/voce – 25 anni